Ho l’onore, prima ancora che il piacere, di presentare un interessante contributo del dott. Riccardo Mondo, dal titolo emblematico “Il Guaritore ferito. Mito e misteri della cura” edito da Ma.Gi., inserito nella collana “I Quadrifogli”.
Due parole sull’iniziativa editoriale che trovo geniale e pienamente in linea con lo Spirito del Tempo ormai pregno di sintesi e comunicazioni social di impatto emotivo immediato.
L’apparente leggerezza e stile sintetico in realtà nasconde le difficoltà di chi, come Riccardo Mondo, affronta un tema complesso in appena 30 pagine.
L’abilità del collega Mondo, psicologo analista del Centro Italiano di Psicologia Analitica (CIPA), dove è docente e supervisore, e della International Association for Analytical Psychology (IAAP), già avvezzo ad altre interessanti pubblicazioni su temi legati all’esperienza clinica con riferimenti teorici a confronto, consiste proprio nell’offrire spunti di riflessioni utili a chi, come noi, quotidianamente si cimenta responsabilmente nella professione di psicoterapeuta sempre più articolata e complessa.
L’archetipo del “Guaritore ferito”, già affrontato da altri autorevoli autori, viene dal dott. Mondo affrontato con originale intelligenza mettendo in evidenza proprio le difficoltà insite in ogni artificiosa divisione tra salute e malattia, dove la sensibilità terapeutica del “curante” si sintonizza sui valori più profondi dell’animo umano che non riguardano solo il “curato”, ma coinvolgono la diade in toto, mettendo a nudo le “fragilità” di chi “cura” e di chi è “curato”.
Il breve testo, non a caso, è stato dal dott. Mondo articolato in tre temi centrali: L’immaginale del Guaritore ferito, Solo il medico ferito guarisce e Il Guaritore ferito nella pratica clinica.
La breve e difficile sintesi dei tre temi affrontati non deve ingannare il lettore, clinico o meno, dal pensiero di esaurire un argomento così complesso.
Anzi, in questa sintesi essenziale, è possibile, a mio modesto avviso, cogliere proprio la profondità della riflessione che permette di smussare l’alone di autorevolezza e sicurezza professionale che nel tempo, di solito, si struttura in chi si occupa di sofferenza psichica.
La distanza professionale, che costella noi colleghi esperti, non protegge dai contagi inconsci, così come lo stesso C.G. Jung, in vari passaggi delle sue opere, ammonisce.
Del resto, come l’autore sottolinea, che senso avrebbe la conoscenza immaginale e mitologica del Guaritore ferito se il terapeuta non lo incarnasse nella propria storia professionale e nella propria “fragilità” mai del tutto superata.