Ars Hillmaniana 16.02.2018
27/02/2018IMPA Istituto Mediterraneo di Psicologia Archetipica
13/03/2018Siamo giunti al terzo atto del ciclo di seminari “Ars Hillmaniana: gli Archetipi che curano” organizzato dal CIPA Istituto per l’Italia Meridionale e dall’IMPA Centro Studi di Psicologia Archetipica.
Il tema che è stato trattato venerdì 9 marzo è scomodo, complesso, fondante il nostro lavoro di psicoterapeuti.
Il testo che è stato analizzato è “Al di sopra del malato e della malattia” di Adolf Guggembuhl-Craig. Ci collochiamo nella costellazione dell’Archetipo del Guaritore Ferito e l’Autore approfondisce mirabilmente il tema del Potere, con i suoi significati ombrosi, nelle professioni d’aiuto, attraverso l’analisi dell’archetipo e delle sue manifestazioni.
L’Archetipo pretende, nella sua polarizzazione, che il terapeuta abbia consapevolezza delle proprie ferite, della possibilità di essere portatore di malattia e smarrimento; quando prevale il fenomeno del potere, del senso di superiorità, l’Ombra irrompe e l’Archetipo si scinde.
L’onnipotenza che ne deriva allontana il terapeuta dal proprio ruolo, sprofondandolo in identificazioni ombrose quali quelle dello Stregone Onnisciente o del Ciarlatano o ancora del Falso Profeta nei quali la ricerca di influenza e potere prevalgono sul percorso di accudimento e di cura dell’altro. La tecnica, la cultura, l’esperienza allontanano il terapeuta dal proprio disagio, permettendogli di difendersi dalle proprie fragilità e incertezze e rendendolo inconsapevole ostaggio della propria ombra.
La scissione dell’archetipo nel paziente determina una proiezione del guaritore interno sul terapeuta con disinteresse per la cura, dipendenza infantile, deresponsabilizzazione; nel terapeuta, invece, vengono proiettati sul paziente i contenuti di malattia, debolezza, fragilità.
Un terapeuta senza ferite non può accogliere l’immagine di guarigione che il paziente mette in campo nella terapia.
Riccardo Mondo, Psicologo Analista, Docente e Didatta del CIPA, Direttore Editoriale di Enkelados, oltre che vera e propria Anima dell’IMPA Centro Studi ha fatto, come da tradizione, da collante nella polifonia di contenuti ed evocazioni immaginali che gli ospiti hanno presentato sul tema.
Il primo intervento è stato a cura di Marisa Capace, Videomaker ormai conosciuta ed ammirata da tutti noi per le sue performance visive.
Erwin Panofsky, storico dell’arte e massimo esponente della iconografia, così scriveva “ … in un’opera d’arte la forma non può essere disgiunta dal contenuto: la disposizione delle linee e del colore, della luce e dell’ombra, dei volumi e dei piani, per quanto incantevole come spettacolo, deve essere intesa come portatrice di un significato che va al di là del valore visivo…”.
Marisa Capace riesce sempre a raggiungere lo scopo, a consegnarci in immagini, suoni, parole, attraverso i suoi video, quei significati e quei contenuti dell’“oltre” che arricchiscono e stimolano il gruppo predisponendolo alla prosecuzione dei lavori.
Rosy Ingrassia, Psicologo Analista, Docente e Didatta del CIPA, che vive e lavora tra Marsala e Palermo, ha fatto una puntuale revisione del testo prestando particolare attenzione ai punti salienti, ma cercando anche di trasmettere, attraverso immagini suggestive ed interessanti collegamenti alchemici, lo scopo di Guggembuhl-Craig, che non è quello, semplicemente, di interessare culturalmente il lettore, ma piuttosto costringerlo a rivolgere l’attenzione alla propria interiorità, ad esaminare le dinamiche più profonde e oscure che lo riguardano.
Successivamente Salvo Pollicina, Psicologo Analista del CIPA e Presidente dell’IMPA Centro Studi, come d’abitudine ormai consolidata, con la particolare sensibilità che lo caratterizza, ha dato la sua lettura in trasparenza, cercando tra le pieghe del testo nuovi contenuti, elementi che tra luci ed ombre fanno capolino, elementi che aggiungono sempre valore e sostanza, senza mai scadere nel banale. Le sue riflessioni sono state centrate, alla luce del tema dell’ombra e della sua rimozione, sul confronto tra conflitto e scontro, sia nella dimensione interiore che nelle sue possibili ripercussioni nel rapporto con il Mondo, la Società, il Collettivo.
Momento centrale della serata sono state le Amplificazioni e gli approfondimenti fertili e stimolanti di Caterina Vezzoli, Psicologo Analista, Didatta, Docente del CIPA, Vice Presidente della Philemon Foundation, che vive a Milano. Pilastro indiscusso nonché punto di riferimento della nostra Associazione, motore di iniziative culturali e cliniche a tutto tondo, vero e proprio Ministro degli Esteri con i suoi innumerevoli contatti in tutto il mondo, grazie ai quali ha dato respiro internazionale e spessore culturale all’Istituto Meridionale.
Infine arriva il momento della Penelope, Francesca Picone, Psicologo Analista, Didatta e Docente del CIPA, Vice Presidente della Scuola del CIPA Meridionale, che vive e lavora a Palermo, altro fondamentale pilastro dell’Associazione, instancabile organizzatrice, presenza costante e creativa nelle innumerevoli iniziative che l’Istituto Meridionale mette a disposizione di soci e allievi. Francesca Picone ha offerto all’uditorio la sua sottile trama immaginale, consapevole, anche alla luce dei lavori presentati, che Hermes, lo Psicopompo, ci ricorda che inganno e astuzia sono necessari, che non è possibile pensare di saturare del tutto gli argomenti trattati, che, piuttosto, l’insaturo pretende alla fine che il tutto sia disfatto, che bisogna sempre ricominciare.
Come da copione, i lavori si sono conclusi con le Improvvisazioni Drammaturgiche di Gabriele Ajello, Psicologo Analista e Docente CIPA, nonché videomaker, regista e attore teatrale, che vive e lavora a Palermo, coadiuvato dagli allievi Agata Maugeri e Antonio Di Stefano.
Nella drammatizzazione si è realizzata la fusione tra immaginazione e azione, sia nel senso più letterale, in quanto fisicamente i corpi dei partecipanti al gruppo o degli attori sul palcoscenico si muovono, parlano ed interagiscono tra di loro, sia in senso metaforico, poiché attraverso il corpo si moltiplicano le immagini. E Gabriele Ajello ha restituito al gruppo la sua lettura immaginale del Testo attraverso movimenti, dialoghi, azioni nei quali la logica aristotelica perde consistenza, l’immagine coincide con l’agire, la drammatizzazione diventa frammento onirico.