Cosa accade nella stanza dell’analista è un mistero, nell’accezione più letterale della parola: dal tema my-, chiudere gli occhi, la bocca, le ferite.
Una straordinaria alchimia avviene, ed è l’inesprimibile. Solo la Poesia, le Muse, i canti dello Spirito possono accedere a quello spazio non spazio e a quel tempo non tempo, come in questo brano della Chandogya Upanishad:”In questa città del Bráhman <che è il corpo> un sottile loto forma una dimora, dentro la quale vi è un piccolo spazio. Bisogna ricercare ciò che vi è dentro questo spazio, bisogna desiderare di conoscerlo.
E se qualcuno domanda: ‘In questa città del Bráhman un piccolo loto forma una dimora nella quale vi è un piccolo spazio; che cosa essa racchiude che sia necessario ricercare, che occorra desiderare di conoscere?’.
Bisogna rispondere: ‘Questo spazio che si trova all’interno del cuore è altrettanto vasto quanto lo spazio che abbraccia il nostro sguardo. L’uno e l’altro, il cielo e la terra, vi sono riuniti; il fuoco e l’aria, il Sole e la Luna, la folgore e le costellazioni, e tutto ciò che appartiene a ciascuno di loro in questo mondo e ciò che loro non appartiene, tutto ciò vi è riunito’. (Chandogya Upanishad, 8, I, 1-3)
Riccardo Mondo, da analista junghiano, racconta se stesso in quella “stanza”, in quello spazio all’interno del cuore in cui sono riuniti Cielo e Terra, Sole e Luna, folgore e costellazioni.
Nella bella cornice del baglio Danilo Dolci luce, calore, voce, canto, musica saranno un solo intreccio.
Ho finito poco fa di leggere questo libro e ho deciso di scriverne subito, per non disperdere le prime impressioni.
Come sempre nei libri, a parlare per prima è la copertina, su cui è riprodotto un dipinto della pittrice surrealista Remedios Varo, “Cosmic Energy”. Una stanza vuota, fatiscente, si anima a partire da uno sguardo condiviso – e la vita irrompe e, diremmo, si riprende la stanza.
A sottolineare l’irruzione, il titolo: Nei luoghi del fare anima, dello stesso bel colore arancio delle mani dei due protagonisti, che sfiorano corde diverse ma ugualmente vibranti; e il nome dell’autore, Riccardo Mondo, che fluisce in questo incantamento – un analista Mondo perché puro, Mondo intrecciato con l’anima e Mondo come intermediario con una dimensione ultraterrena, profonda, misteriosa e misterica!
Giro il libro e leggo una citazione di Hillman: Anima, più che una sostanza, è una prospettiva, più che una cosa in sé, è una visuale sulle cose. E’ bianca su un blu che ricorda il cielo poco prima dell’alba, e per me che sono astigmatica e di questo mio sguardo che non vede il punto sono orgogliosa, più che una scritta sembra un disegno di stelle. La dedica, poi, mi conquista: A tutti coloro che hanno provato, tramite la cura analitica, a dare un nuovo orientamento alla propria vita: sì, sento che mi piacerà, e mi dispongo a leggerlo dopo aver creato un angolino caldo e accogliente per me.
Senza poesia non esiste cura, scrive l’Autore già nelle prime righe di un ringraziamento: e i titoli dei capitoli sembrano versi poetici e direzioni di quello spazio della cura che introducono – trascrivo i primi:
Luce alla finestra
Setting
Cura
Invisibile Hestia
Poltrona oscillante
Lo Spazio della Cura è veramente uno spazio ecologico in un senso diverso da quello corrente della parola ma a mio avviso molto più efficace – uno spazio in cui l’oikos è ambiente e nello stesso tempo dimora interiore, e non di uno solo ma di entrambi i protagonisti della coppia terapeutica: uno spazio alchemico di trasformazione.
Cosa accade in quello spazio, in quel tempo altro, e quanto coraggio è necessario avere per affrontarlo, sia come terapeuta che come paziente? Quanto bisogna essere pazienti, quanto bisogna sopportare, quanto sarà lungo questo viaggio?
Quanto bisognerà attendere per scoprire che non esiste un quanto? E che non ci sono risposte ma soltanto il fare, il fare anima che è certamente poesia. Non si può spiegare, ma raccontare sì, a partire da un momento “qualsiasi”, quello presente, dall’ampia e luminosa finestra della stanza di terapia e dalle gocce di pioggia che in un normale giorno di settembre ne rigano il vetro.
Il tempo dell’inizio di questa poetica narrazione è l’autunno: le foglie diventano arancio come gatto e violino e mani e avambracci della copertina; la terra si inumidisce di pioggia per consentire la trasformazione. Una pioggia che è come il pianto silenzioso di Angela, controcanto dissonante rispetto alle sue parole, all’atteggiamento, all’espressione persino sorridente, alla postura.
C’è un tempo dell’inizio ma non un tempo della fine, nel libro di Riccardo Mondo: c’è forse una fine al divieni te stessoindividuativo?